12 research outputs found

    «Un maraviglioso ingegno». Annibal Caro e il pontificato di Paolo III Farnese (1534-1549)

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    The aim of this research is an updated monograph of the renaissance scholar Annibal Caro during the papacy of Paul III Farnese (1534-1549)

    Magnetic resonance tumor regression grade (MR-TRG) to assess pathological complete response following neoadjuvant radiochemotherapy in locally advanced rectal cancer

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    This study aims to evaluate the feasibility of a magnetic resonance (MR) automatic method for quantitative assessment of the percentage of fibrosis developed within locally advanced rectal cancers (LARC) after neoadjuvant radiochemotherapy (RCT). A total of 65 patients were enrolled in the study and MR studies were performed on 3.0 Tesla scanner; patients were followed-up for 30 months. The percentage of fibrosis was quantified on T2-weighted images, using automatic K-Means clustering algorithm. According to the percentage of fibrosis, an optimal cut-off point for separating patients into favorable and unfavorable pathologic response groups was identified by ROC analysis and tumor regression grade (MR-TRG) classes were determined and compared to histopathologic TRG. An optimal cut-off point of 81% of fibrosis was identified to differentiate between favorable and unfavorable pathologic response groups resulting in a sensitivity of 78.26% and a specificity of 97.62% for the identification of complete responders (CRs). Interobserver agreement was good (0.85). The agreement between P-TRG and MR-TRG was excellent (0.923). Significant differences in terms of overall survival (OS) and disease free survival (DFS) were found between favorable and unfavorable pathologic response groups. The automatic quantification of fibrosis determined by MR is feasible and reproducible

    A case of furuncular myiasis in an Italian patient: a "travel souvenir"

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    Furuncular myiasis is a parasitosis of the skin that is commonly reported in the tropical areas and is caused by various agents including Dermatobia hominis. Knowledge of myiasis is limited in Italy, resulting in difficulties in its diagnosis and treatment. We report a case of imported furuncular myiasis in a 48 year old Italian patient who returned from Peru. A third stage larva of D. hominis was identified and the diagnosis of myiasis was confirmed

    Use of Tranexamic Acid to Reduce PostOperative Bleeding in Orthopaedic Oncology

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    Background: Orthopaedic oncology often causes major blood losses that may put at risk patients’ hemodynamic balance and their overall clinical stability. To this date, transfusion therapy still represents the pivotal treatment to counterbalance the reduction in hemoglobin levels which occur after surgery. Although effective, transfusions are expensive and inevitably associated with a number of complications and therefore other solutions, such as procoagulative drugs, could play an important role to prevent massive blood losses. Material and methods: We reviewed the clinical intercourse of 37 patients who underwent major bone resection due to malignant tumors of the lower limb. Cases were divided in two different groups: group G1 consisting of 12 patients treated intraoperatively with tranexamic acid and group G2 which was made of 25 controls. Results: On average, patients treated with tranexamic acid (G1) required transfusion of 3.9 concentrated blood cells units during surgery and 0.9 units during the postoperative course. Other patients (G2), for their part, required on average 3.1 units intraoperatively and 2.1 units postoperatively. No significant difference was found in intraoperative transfusion rate (p=0.402). Instead, postoperative transfusions were significantly less frequent for patients treated with tranexamic acid (p=0.023). None of the 12 patients treated with tranexamic acid had evidence of Deep Vein Thrombosis. Conclusion: Our outcomes indicate that the use of TXA was effective in reducing blood losses also for major surgical interventions in orthopedic oncology

    Utilizzo di Acido Tranexamico in chirurgia ortopedica oncologica

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    L’acido tranexamico, derivato di sintesi dell’amminoacido Lisina, è un farmaco antifibrinolitico che inibisce la degradazione enzimatica della fibrina presente nei coaguli di sangue. Grazie alla sua azione antifibrinolitica, esso è efficace nella riduzione delle perdite ematiche e le indicazioni terapeutiche del farmaco sono la profilassi e la terapia delle emorragie. Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse per questo farmaco, che è stato utilizzato con successo, con lo scopo di ridurre le perdite ematiche, in chirurgia epatica, cardiochirurgia, chirurgia vascolare, chirurgia maxillofacciale e in ambito ginecologico. Inoltre, numerosi studi hanno dimostrato la sua efficacia nella riduzione delle perdite ematiche e del numero di emotrasfusioni in chirurgia ortopedica protesica, senza un conseguente aumento del rischio tromboembolico, che potrebbe derivare dalla capacità dell’acido tranexamico di stabilizzare la formazione dei coaguli. Gli interventi di chirurgia ortopedica protesica, in particolare l’artroplastica totale di ginocchio ed anca, sono procedure a medio-alto rischio emorragico e possono determinare la necessità di ricorrere alla trasfusione di unità di emazie concentrate, che espongono il paziente ad una serie di potenziali rischi: trasmissione di malattie infettive, immunosoppressione, aumento di infezioni batteriche post-operatorie, sensibilizzazione immunitaria, danno polmonare acuto associato alla trasfusione, emolisi intravascolare, coagulopatia indotta da trasfusione, insufficienza renale, ammissione in terapia intensiva, aumento di morbidità e mortalità ed infezioni protesiche. La riduzione del sanguinamento e delle emotrasfusioni, ottenuta grazie alla somministrazione di acido tranexamico, risulta quindi vantaggiosa per il paziente, in quanto riduce i rischi correlati alla pratica trasfusionale e determina una minore compromissione dello stato generale del paziente, un più rapido recupero della mobilizzazione, una degenza più breve e una riduzione della morbilità a breve termine. Anche il rapporto costo-efficacia del farmaco è ottimo, in quanto la pratica trasfusionale rappresenta un importante capitolo di spesa per il sistema sanitario, basti considerare che una singola unità di emazie concentrate ha un costo che supera i 185 euro e, per l’intero processo di erogazione della terapia trasfusionale, si raggiunge una cifra complessiva che supera i 400 euro per singola unità trasfusa. Inoltre, il costo crescente delle singole unità, si va a sommare a quello correlato ad una degenza prolungata, la quale è stata dimostrata in numerosi studi. L’acido tranexamico, riducendo il numero di emotrasfusioni, permette quindi di diminuire anche il costo notevole associato a questa pratica. Attualmente, sebbene questo farmaco antifibrinolitico venga somministrato frequentemente in interventi di chirurgia ortopedica protesica, non esistono ancora linee guida pubblicate dalle Società Scientifiche di Ortopedia o di Anestesia, che ne regolino l’utilizzo in questo ambito. Si sta ancora valutando quale sia il miglior regime di somministrazione del farmaco. I risultati ottenuti nell’ambito della chirurgia ortopedica protesica, hanno suggerito nuove possibilità di utilizzo del farmaco antifibrinolitico acido tranexamico, il quale potrebbe rappresentare una risorsa anche in interventi di chirurgia ortopedica oncologica. Gli interventi di chirurgia ortopedica oncologica sono spesso caratterizzati da abbondanti perdite ematiche, in particolare in quelle procedure che prevedono una resezione ossea maggiore seguita da ricostruzione. La patologia neoplastica, infatti, è caratterizzata da fenomeni di angiogenesi e neovascolarizzazione, di elevata entità soprattutto per tumori estesi e voluminosi; inoltre comporta un aumento dell’attività fibrinolitica. Questi pazienti possono presentare anche una riduzione dei fattori della coagulazione, ipoproteinemia, perdita di fattori emostatici, disfunzione piastrinica. Un’altra importante caratteristica del paziente oncologico è la frequente presenza di anemia preoperatoria, la quale è peggiorata dall’effetto mielosoppressivo della chemioterapia e può avere ripercussioni anche sulla perdita ematica totale in interventi chirurgici. L’elevato sanguinamento associato alla procedura chirurgica, comporta il successivo ricorso a trasfusioni di sangue allogenico, che nel paziente oncologico possono determinare anche uno stimolo alla crescita e alla recidiva tumorale. Dati gli effetti potenzialmente deleteri della trasfusione di più unità di emazie concentrate allogeniche, sono state introdotte delle strategie per ridurle, come il prelievo di sangue autologo precedente all’intervento chirurgico. Questa, tuttavia, è una pratica costosa, ostacolata dalla caratteristica presenza di anemia preoperatoria nel paziente oncologico, dalla necessità di programmare accuratamente gli interventi, dal breve periodo di conservabilità delle unità di sangue, dalle condizioni cliniche ed ematologiche del paziente. Anche l’utilizzo di dispositivi intraoperatori di recupero del sangue non è applicabile, poiché comportano il rischio di re-infusione di cellule tumorali vitali. Proprio per le limitate possibilità di determinare una riduzione del sanguinamento e delle emotrasfusioni in interventi di chirurgia ortopedica oncologica, si sta iniziando a valutare la possibilità di introdurre l’utilizzo di antifibrinolitici come l’acido tranexamico. Questo rappresenta un tema emergente in letteratura scientifica e sono necessari ulteriori trials per confermare l’efficacia e la sicurezza di questo farmaco. Quest’ultimo punto è fondamentale, in quanto uno dei problemi che potrebbero limitare l’introduzione dell’acido tranexamico in chirurgia ortopedica oncologica, è proprio l’aspetto della sicurezza della sua attività antifibrinolitica, che potrebbe aumentare il rischio tromboembolico nel paziente con patologia neoplastica (che è superiore rispetto a quello della popolazione generale, in particolare nel periodo peri-operatorio). Alla luce dei buoni risultati che stanno emergendo negli ultimi anni e della necessità di nuovi trials, abbiamo condotto uno studio, per valutare retrospettivamente i risultati ottenuti dalla somministrazione perioperatoria di acido tranexamico in pazienti sottoposti ad interventi di resezione ossea maggiore per neoplasia e successiva ricostruzione (utilizzando tecniche di vario genere), in termini di modifica della necessità di ricorso a terapia emotrasfusionale. Lo studio è stato condotto sui pazienti trattati tra il Gennaio 2016 e il Dicembre 2019, presso la UO di Ortopedia e Traumatologia 2 della Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana (AOUP). Sono stati selezionati dal database di reparto i pazienti sottoposti ad interventi di resezione ossea per neoplasia, nel periodo sopra riportato e sono stati quindi suddivisi in un gruppo G1, ai quali era stato somministrato acido tranexamico durante l’intervento e in un gruppo G2, al quale non era stato somministrato alcun antifibrinolitico endovenoso. Confrontando i due gruppi, è stata valutata la differenza in termini di perdite ematiche e del numero di Unità Internazionali di emazie concentrate trasfuse, in fase intra- e post-operatoria, come indicatore dell’efficacia dell’acido tranexamico. Dallo studio è emerso che la somministrazione del farmaco sembra correlare con una riduzione non significativa del sanguinamento intraoperatorio ma, al tempo stesso, con una riduzione significativa del sanguinamento e del numero di emotrasfusioni nel periodo post-operatorio. Inoltre, nonostante tutti i pazienti siano stati sottoposti alla stessa profilassi anti-tromboembolica, nel gruppo G1 non si sono registrati eventi di trombosi venosa profonda o embolia polmonare, mentre nel gruppo G2 si è riscontrato 1 caso di trombosi venosa profonda. Questo rappresenta un dato positivo, in termini di sicurezza del farmaco. Dalle pubblicazioni presenti in letteratura e dai risultati del nostro studio, si conferma che il farmaco potrebbe effettivamente rappresentare una risorsa preziosa nel trattamento di pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia ortopedica oncologica e nel miglioramento del loro outcome. In particolare, diminuendo il sanguinamento ed il numero di emotrasfusioni nel periodo post-operatorio. La minore richiesta di emotrasfusioni potrebbe correlare, a sua volta, con una minore compromissione dello stato generale del paziente, un più rapido recupero della mobilizzazione, una riduzione della morbilità a breve termine e un accorciamento della durata della degenza. Inoltre, risulterebbe anche economicamente vantaggiosa, consentendo di diminuire la spesa associata alla pratica trasfusionale e alla conseguente degenza prolungata

    Proteomics and metabolomics studies exploring the pathophysiology of renal dysfunction in autosomal dominant polycystic kidney disease and other ciliopathies

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    The primarycilium(PC)wasconsideredasa vestigial organelle withnosignificantphysiologicalimportance,untilthediscovery that PC perturbation disturbs several signalling pathways and results in the dysfunction of a variety of organs. Genetic studies have demonstrated that mutations affecting PC proteins or its anchoring structure, the basal body, underlie a class of human disorders (known as ciliopathies) characterized by a constella- tion of clinical signs. Further investigations have demonstrated that the PC is involved in a broad range of biological processes, inbothdevelopingandmaturetissues.Kidneydiseaseisacom- monclinicalfeatureofciliadisorders,supportingthehypothesis of a crucial role of the PC in kidneyhomoeostasis. Clinical pro- teomics and metabolomics are an expanding research area. Interestingly, the application of these methodologies to the analysis of urine, a biological sample that can be collected in a non-invasive fashion and possibly in large amounts, makes these studies feasible also in patients. The present article describes the most recent proteomic and metabolomic studies exploring kidney dysfunction in the setting of ciliopathies, showing the potential of these methodologies in the elucidation ofdiseasepathophysiologyandinthediscoveryofbiomarkers
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